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Pi Kappa - Anno II N° 7 - Luglio 1973

I Templari

Una breve parabola eroica, un rapido declino ed un alone leggendario che arriva fino ai nostri giorni: i mitici cavalieri sopravvivono ancora nelle lande desolate della Scozia?


Non si era ancora spenta l'eco del tragico massacro che aveva fatto seguito alla caduta di Gerusalemme, presa d'assalto dall'esercito della prima crociata di Urbano II, che la notizia della conquista della città era rimbalzata da un paese all'altro del mondo cristiano.

La cosiddetta ''croce delle otto beatitudini'' con la chiave atta a decifrare l'alfabeto segreto dei Templari (da un manoscritto del 13° secolo conservato alla Biblioteca Nazionale di Parigi)"

Folle di pellegrini di ogni ceto sociale, tra cui fedeli convinti, desiderosi di ottenere le speciali indulgenze concesse dalle bolle papali, ed avventurieri senza scrupoli, sedotti dal miraggio di facili guadagni a danno dei vinti, si erano mosse da ogni punto dell'Europa per mettere piede in Terrasanta.
Gli scampati alle innumerevoli insidie che l'estenuante viaggio presentava sia per mare che per terra, trovavano asilo nei porti tenuti dagli eserciti cristiani; ma il percorso che da questi luoghi li conduceva alla meta del pellegrinaggio riproponeva altri pericoli mortali, a causa delle innumerevoli bande di predoni.
Avvenne così che nove cavalieri crociati che avevano combattuto sotto la bandiera di Francia, capitanati da Ugo de Payns, presero la decisione di fondare un nuovo ordine cavalleresco con il preciso scopo di proteggere gli sfortunati credenti. Nel 1118, dinnanzi ad un rappresentante del patriarca di Costantinopoli, che vantava un'antica giurisdizione su Gerusalemme, i cavalieri consacrarono le loro armi a Dio, prestando un solenne giuramento che sanciva i loro impegni. L'ordine prese il nome di Cavalieri del Tempio, e si vuole che i fondatori abbiano scelto tale denominazione per il fatto casuale che la costruzione in cui avevano alloggiato fosse vicina alle rovine del vecchio tempio della città.

Ospiti degli assassini
Nei primi anni i nove paladini rimasero disperatamente soli, in uno stato di povertà tale che usavano una sola cavalcatura in due, come ci è stato tramandato dal loro sigillo. Poi, a poco a poco, l'associazione si ingrandì. A decretarne la fortuna fu però Bernardo di Chiaravalle, che ne divenne sostenitore dopo l'incontro con Ugo de Payns, venuto in Europa a cercare aderenti tra i rampolli delle nobili casate. Toccò a lui stilare, nel 1128, su incarico del Concilio di Troyes, il nuovo e definitivo statuto della setta, facendole inoltre ottenere il riconoscimento ufficiale e la protezione della Chiesa, la quale trovava così una fidata organizzazione militare in Palestina.

Due cavalieri sullo stesso cavallo: con questa immagine la setta voleva rendere l'idea della povertà che l'aveva contraddistinta all'inizio

Nel loro giuramento, infatti, i Templari dichiaravano di consacrare ogni parola, le armi e la vita, alla difesa dei misteri della fede, promettendo obbedienza totale al Gran Maestro, suprema autorità dell'ordine, ed imponendosi austere regole di astinenza. I Cavalieri si chiamavano tra loro « fratelli » ed erano, per il volgo del tempo, il purissimo modello di eroiche virtù. Sembra combattessero lealmente, senza mai sorprendere i nemici con l'agguato. Il loro abbigliamento era simile a quello degli altri paladini: riconoscerli era tuttavia facile; indossavano infatti, sopra la cotta, una tunica bianca con una grossa croce rossa.
Fedeli ai principi monastici, cercavano la mortificazione della carne imponendosi, tra l'altro, il sacrificio di portare indosso la camicia di lana nonostante il caldo, sostituendola con quella di tela solo nel periodo compreso tra Pasqua e Ognissanti.
In breve i Templari divennero assai popolari, e probabilmente fu proprio questo fatto ad influire sulla lenta ma costante trasformazione dei loro principi fondamentali. Diventati ricchi grazie alle offerte che giungevano loro da ogni parte, si mostrarono piuttosto vulnerabili all'adulazione.
A questo punto, comunque, gli storici si trovano discordi. Alcuni sostengono che la causa del loro « ammorbidimento » non fu dovuta ad una stupida forma di divismo, ma ad un mutamento sostanziale delle interpretazioni alle dottrine da cui traevano ispirazione: in effetti, stando alle cronache del tempo (purtroppo alquanto oscure), pare che i Templari si siano messi ad un certo momento al di sopra di ogni contesa militare con i musulmani, accettando perfino qualche loro credenza religiosa, come quella del mito allegorico del Bafometto, la mostruosa creatura dalle caratteristiche androgine. Si è scritto addirittura che alcuni Cavalieri furono ospiti a Damasco, in territorio nemico, dei saggi della setta islamica eretica degli Assassini (corruzione latina di Hashishin, « mangiatori di hashish »).

Il sigillo dell'ordine

Comunque sia, appena trent'anni dopo la nascita dell'ordine, Bernardo di Chiaravalle, che ne era stato il padre spirituale, condannava duramente il « nuovo corso »: « Coprite i cavalli di seta » (sono le sue parole), « sopra le loriche vestite non so che penduli panni, tingete le aste; scudi, selle, sproni ornati d'oro, argento, gemme, mentre al battagliero si addice essere industre, circospetto, snello a correre, pronto a ferire. Voi impedite il vedere con la chioma, avviluppate i passi con lunghe tuniche, le delicate mani seppellite entro maniche prolisse; tra voi suscitate guerre, l'irragionevole ira, il vano appetito di gloria e di terreni possedimenti ».

Il tempio di Parigi
Ma i Templari, prima orgogliosi del loro carattere bellicoso, non erano più disposti a sacrificarsi oltre il necessario. A Gaza, 140 anni dopo la presa cristiana della città santa, subirono una grave sconfitta ad opera dei musulmani. Poco più tardi caddero San Giovanni d'Acri e la stessa Gerusalemme.
Benché ormai fossero venuti a mancare in pieno i presupposti per cui erano nati, perduta persino la loro sede, i Cavalieri non sciolsero l'ordine, ma si imbarcarono sulle navi alla volta dell'Europa, stabilendosi per la maggior parte in Francia, la nazione in cui avevano raccolto più adesioni ed in cui potevano già contare su parecchi punti base. La fama che li circondava fece sì che trovassero ampi favori presso il clero ed i regnanti di vari paesi, tanto che furono esentati dal pagare tributi e pedaggi e poterono godere del privilegio di essere giudicati da tribunali speciali, al di fuori di ogni giurisdizione secolare. Consci di costituire ormai una forza, la loro meta finale era quella di creare una potenza economica, con la segreta speranza di ottenere una sovranità autonoma, come avevano già fatto i Cavalieri Teutonici in Prussia, i Gesuiti nel Paraguay e i Cavalieri di Malta.

Il famoso Bafometto

Nulla sembrava ostacolare il loro piano. I Templari divennero forse i più ricchi proprietari di Europa, con un reddito annuo stimato intorno ai cento milioni di franchi dell'epoca, al cui incremento contribuivano in gran parte le continue donazioni effettuate da nobili e principi. Ci fu addirittura un sovrano d'Aragona, Alfonso il Battagliero, che intendeva regalare tutto il suo regno all'ordine: solo una sollevazione popolare glielo impedì.
Aperte banche in tutta Europa, i Cavalieri diedero ingenti prestiti ai regnanti indebitati di molti paesi, costruirono indisturbati munite piazzeforti e castelli là dove ne avevano bisogno, giungendo ad interferire direttamente negli affari interni di numerosi governi. In Francia gli aderénti alla setta erano parecchi (almeno 20 mila, secondo alcuni autori del 1300); l'ordine divenne praticamente padrone di almeno un terzo di Parigi, giunse a costruire una fortezza adibita a sede ed a tempio: doveva sostituire quello perduto nella città santa. Ancora oggi il quartiere in cui sorgeva si chiama Le Temple, « il Tempio ».
Ma fu proprio qui che ebbe inizio l'ultimo capitolo della storia dei Cavalieri: Filippo IV di Francia, detto « il Bello », legato all'ordine per i debiti contratti, si rese conto delle ricchezze accumulate dai suoi « protettori » cercando rifugio (in seguito ad una congiura di palazzo) nella fortezza stessa.

Maledizione dal rogo
A questo punto gli storici debbono ammettere di non conoscere alcuni elementi essenziali: sembra, comunque, che Filippo il Bello (il «.mal di Francia », come l'ebbe a chiamare Dante), spinto dal suo incessante bisogno di denaro, pensò d'impadronirsi del tesoro. Visto che aveva già concluso con successo i processi di espropriazione e confisca dei beni degli ebrei e dei banchieri italiani, ritenne di poter continuare su questa strada: fu così che sollevò contro l'ordine l'accusa di eresia e di complotto ai danni dello Stato.

Un crociato ed un saraceno giocano a scacchi. Questa miniatura del 13° secolo potrebbe rispecchiare la ''segreta alleanza'' di cui si parla nell'articolo

La mattina del 13 ottobre 1307, il sovrano comandò di arrestare tutti gli affiliati alla setta e di occupare le loro sedi, recandosi personalmente al Tempio di Parigi. La Chiesa, rappresentata allora da Clemente V, non rimase indifferente a questa aperta violazione del proprio potere giurisdizionale sui Templari, ma nulla poté contro l'abilità politica del re di Francia. Costui, deciso ad appropriarsi degli ingenti beni, sottopose al papa le « prove » di reati abominevoli commessi dai Cavalieri; queste, affiancate ad un'astuta campagna nei confronti del pontefice (che, dopo i contrasti con Bonifacio VIII e Benedetto XI, ed appena appianati, non voleva perdere la sua influenza sulla Francia) bastarono ad indurre la santa sede a concedere alle autorità secolari il nulla osta a procedere contro i Templari. Per cinque anni, fino al 1312, in tutta l'Europa si moltiplicarono i tribunali. I rappresentanti dell'ordine vennero braccati, imprigionati, sottoposti a tortura.
Lo stesso Gran Maestro Jacques de Molay, assieme ad altri capi, fini in prigione e venne seviziato per settimane. Clemente V sconfessò i Cavalieri, sciogliendo la istituzione con la bolla pontificia « Vox Clamantis » del 1312.
Il 13 marzo 1314 Molay ed altri dignitari vennero condotti dalle carceri all'Isola della Senna di Parigi, situata tra i giardini reali e il convento degli agostiniani. Qui li attendeva l'ultimo supplizio con i roghi preparati solo a carboni ardenti, al fine di rendere la loro morte più lenta ed atroce. La tradizione (pervenutaci da qualcuno che forse tra la folla immensa assisté al tragico spettacolo) vuole che il Gran Maestro, già mezzo arso dalle fiamme, abbia lanciato una maledizione all'indirizzo dei due principali artefici della rovina dei Templari: « Ordino di comparire davanti al tribunale di Dio: al re di Francia entro trecento giorni; a papa Clemente V prima di quaranta giorni ». Inspiegabilmente, i due morirono effettivamente entro quella scadenza. Si sarà trattato di una semplice coincidenza, perché se i Cavalieri avessero davvero potuto servirsi dì straordinari poteri lo avrebbero fatto prima. Il fatto generò tuttavia stupore e sgomento nel popolo, contribuendo a far nascere la leggenda che vuole la sopravvivenza segreta dei Cavalieri del Tempio, vendicatori implacabili dei torti subiti, nelle lande desolate della Scozia.

Giancarlo Barbadoro


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© Giancarlo Barbadoro